Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿíñêîì ÿçûêå
Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿíñêîì ÿçûêå
Êè¿âñüêèé íàö³îíàëüíèé óí³âåðñèòåò
³ìåí³ Òàðàñà Øåâ÷åíêà
²íñòèòóò ³íîçåìíî¿ ô³ëîëî㳿
Êàôåäðà ³ñïàíñüêî¿ òà ³òàë³éñüêî¿ ô³ëîëî㳿
Äèïëîìíà ðîáîòà ñïåö³àë³ñòà íà òåìó:
“Ñèíòàêñè÷í³ òà ôóíêö³îíàëüíî –
ñåìàíòè÷í³ îñîáëèâîñò³ âæèâàííÿ óìîâíîãî ñïîñîáó â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ”
Ñòóäåíòà: Êèðè÷åíêà Òàðàñà Ãðèãîðîâè÷à
5 êóðñó , ³òàë³éñüêî¿ ãðóïè
Íàóêîâèé êåð³âíèê: äîö.Màãóøèíåöü ².².
Ðåöåíçåíò :
___________________
Êè¿â – 2002 ð.
PIANO:
Introduzione……………………………………………….................................….3
Parte I. L’oggetto delle ricerche: I tempi del Condizionale
...............................…..4
a) Cosa é il modo …………………………………………………….…………..4
b) Cosa é il tempo
……….……....................................................................
.……5
Parte II. L’uso del modo condizionale
…...................................……...………13
Parte III. IL periodo ipotetico
…………..….….……......................................…17
1. Le frasi ipotetiche
…….............................................................……………...17
a) Semantica del costrutto condizionale
.................................................................18
b) Concordanza dei tempi e semantica dei modi
....................................................19
c) Il sistema dell’italiano standard ………………………...……………………20
d) I costrutti“controfattuali”.....
............................................................................
..22
e) Concordanza mista indicativo e congiuntivo-condizionale
................................25
f) Il sistema substandard di concordanza di modi e tempi
....................................26
g) Costrutti condizionali pseudocoordinati
............................................................27
h) Costrutti condizionali interrogativi e imperativi
...............................................29
i) Condizioni su azioni linguistiche
........................................................................33
j) Protasi non introdotte da “se
“...........................................................................
.34
k) Protasi con modi verbali non finiti
....................................................................37
l) Ordine delle proposizioni nella frase
complessa..................................................38
m) Apodosi accompagnate “da
allora”...................................................................43
2. Le frasi concessive
............................................................................
.................46
a) Semantica del costrutto concessivo fattuale
.......................................................46
b) Sintassi del costrutto concessivo fattuale
...........................................................49
c) Operatori di subordinazione proposizionali
.......................................................49
d) Semantica del costrutto condizionale concessivo
..............................................52
e) Sintassi del costrutto condizionale concessivo
...................................................53
f) Subordinate condizionali concessive introdotte da “anche se”
...........................54
g) Semantica dei costrutti a – condizionali
.............................................................60
h) I costrutti con “disgiunzione
............................................................................
..61
Ðåçþìå (Riassunto) …………………………………………………................…65
INTRODUZIONE
Avendo rispetto alle circostanze che sono state stabilite nel
periodo dell’Unione Sovietica,quando la lingua italiana non si studiava
ufficialmente in Ucraina , per il momento esiste una piccola quantità dei
lavori dedicati al modo condizionale (I.Glivenko,
A.A.Karulin,V.Cerdanzeva,G.G.Lebedeva, Mavrov). Ecco perche ho deciso
studiare uno dei temi meno studiati d’italiano.
L’atenzione fondamentale nel lavoro è concentrata sull’analisi
delle particolarità sintattiche e semantiche - funzionari del modo
condizionale,come in lingua scritta, cosi in parlata.
L’attualità del tema è specificata dalla necessità di mostrare le
particolarità e nuove tendenze d’uso del condizionale nella lingua dei
giornalisti, cioè nei articoli di giornale, nella lingua dei libri,e
nella quella parlata. Dunque,l’analisi complessa delle proposizioni e
costrutti condizionali, diventa indispensabile per la comprensione piu
approfondito del carattere dei processi di evoluzione in italiano
moderno.
Lo scopo di questo lavoro è mostrare la formazione del condizionale
semplice e composto, l’uso dei tempi del condizionale, le particolarità
sintattiche e semantiche-funzionari, l’uso del condizionale nel periodo
ipotetico, la semantica del costrutto condizionale e la concordanza mista
dei tempi l’indicativo, congiuntivo e condizionale.
Il lavoro è composto d’introduzione , tre parti principali e
riassunto. L’elènco della letteratura usata si compone di 43
denominaziòni dei lavori di autòri nazionali e stranieri. L’entità
generale del lavoro è 72 pagine.
Nel introduzione viene motivata la scelta del tema, la sua attualità,
vengono determinati gli scòpi e i compiti del lavoro .
La prima parte introduttiva è dedicata al definizione del tempo e del
modo come le categorie grammaticale.
La seconda parte è dedicata al uso del condizionale semplice e
condizionale composto.
La terza parte è dedicata al periodo ipotetico, alla semantica del
costrutto condizionale e alla concordanza dei tempi e dei modi.
Nel riassunto principale vengono dedotti i resultati teoretici e
practici delle ricèrche complèsse eseguite.
I. L’oggetto delle ricerche: I tempi del modo condizionale
a) Cosa é il modo ? :
Il verbo possiede un organico e complesso sistema di forme per esprimere le
categorie del modo e del tempo. Il parlante può presentare il fatto
espresso dal verbo in diversi modi, ciascuno dei quali indica un diverso
punto di vista, un diverso atteggiamento psicologico, un diverso rapporto
comunicativo con chi ascolta: certezza, possibilità, desiderio, comando
ecc.
Talvolta, poi, l'uso di un determinato modo può dipendere anche da ragioni
stilistiche, da una scelta di "registro" o di livello linguistico: così,
per esempio, nelle subordinate rette da verbi di giudizio l'indicativo (mi
pare che ha ragione) corrisponde a un livello d'espressione più popolare
rispetto al congiuntivo (mi pare che abbia ragione).
In italiano disponiamo di sette modi verbali:
• quattro modi finiti: indicativo (io amo)
congiuntivo (che io ami)
condizionale (io amerei)
imperativo (ama!)
• tre modi indefiniti: infinito (amare)
participio (amante)
gerundio (amando)
Mentre i modi finiti determinano il tempo, la persona e il numero, i modi
indefiniti non determinano la persona e, tranne il participio, il numero.
L'infinito, il participio e il gerundio sono anche detti "forme nominali
del verbo", perché vengono usati spesso in funzione eli sostantivo e di
aggettivo: abbiamo già citato il participio presente amante, cui si può
aggiungere il participio passato la (donna) amata; e si pensi ancora a
infiniti quali l'essere, il dare i l'avere, l'imbrunire, o a gerundi
diventati nomi, quali laureando e reverendo.
Modi finiti:
L'indicativo è il modo della realtà, della certezza, della constatazione e
dell'esposizione obiettiva, o presentata come tale:
me ne vado (sicuramente).
II congiuntivo è il modo della possibilità, del desiderio o del timore,
dell'opinione soggettiva o del dubbio, del verosimile o dell'irreale; viene
usato generalmente in proposizioni dipendenti da verbi che esprimono
incertezza, giudizio personale, partecipazione affettiva:
sembra che se ne vada
(ma non é certo)
preferisco che se ne vada
Anche il condizionale indica fatti, azioni, modi di essere in cui prevale
l'aspetto di eventualità, subordinata a una condizione (di qui il nome):
me ne andrei (se potessi).
L'imperativo, infine, è il modo del comando, dell'invito,
dell'esortazione, dell'ammonimento, dell'invocazione:
vattene! (è un ordine, un consiglio ecc.)
Modi indefiniti:
L'infinito indica genericamente l'azione espressa dal verbo senza
determinazioni di persona e di numero:
studiare, leggere, partire.
Il participio può svolgere sia la funzione di verbo sia quella di aggettìvo
(inoltre, al pari degli aggettivi, assume anche valore di sostantivo). Il
participio presente determina solo il numero, mentre il participio passato
determina sia il numero sia il genere:
facente, facenti; vedente, vedenti; insegnante, insegnanti;
preso, presa, presi, prese; nato, nata, nati, nate; candidato, candidata,
candidati, candidate.
A differenza di quanto accade per i modi finiti, il participio non segnala
la persona.
II gerundio indica un fatto che si svolge in rapporto a un altro, espresso
nella proposizione reggente da un verbo di modo finito:
sbagliando s'impara; l'ho incontrato tornando a casa, discutevamo
passeggiando.
b) Cosa é il tempo ? :
II tempo indica qual è il rapporto cronologico che intercorre tra l'azione
o lo stato espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito
l'enunciato.
È opportuno distinguere tra tempo fisico e tempo linguistico (o
grammaticale): il tempo fisico si riferisce alla percezione che ciascun
individuo ha del fluire del tempo nella realtà, ed è misurabile
quantitativamente. Il tempo grammaticale è costituito invece da un sistema
di relazioni temporali che permettono dj collocare l'azione prima, durante
o dopo il momento in cui viene proferita la frase e dì indicare l'ordine di
successione dei due avvenimenti.
Per esprimere il tempo linguistico il parlante ha a disposizione, oltre al
sistema dei tempi verbali, gli avverbi e le locuzioni avverbiali di tempo
(prima, dopo, fra sette mesi, per due anni). La non corrispondenza tra
tempo fisico e tempo linguistico è evidente nei casi in cui un tempo
grammaticale passato esprime un evento che nella realtà si svolge nel
futuro:
saranno necessarie almeno dodici ore per sapere chi ha vinto le elezioni.
Il rapporto cronologico tra lo stato o l'azione espressi dal verbo e il
momento in cui viene proferito l'enunciato può essere di:
contemporaneità, quando il fatto avviene nel momento in cui si parla:
Daniele canta
anteriorità, quando il fatto avviene in un momento anteriore a quello in
cui si parla: Daniele cantava (ha cantato, canto);
posteriorità: quando il fatto avviene in un momento posteriore a quello in
cui si parla: Daniele canterà.
II tempo che esprime la contemporaneità è il presente; il tempo che esprime
l'anteriorità è il passato, variamente articolato nell'indicativo
(imperfetto, passato prossimo e remoto, trapassato prossimo e remoto) e nel
congiuntivo ( imperfetto, passato, trapassato); il tempo che esprime la
posteriorità è il futuro, suddiviso nell'indicativo in futuro semplice e
futuro anteriore.
Sotto l'aspetto formale i tempi si distinguono in semplici, quando le forme
verbali di cui sono costituiti consìstono in una sola parola (amo, temevo,
anivò,partirà), e in composti, quando le forme verbali risultano
dall'unione del participio passato del verbo con una voce dell'ausiliare
essere o avere (ho amato, avevo temuto, fu arrivato, sarà partito).
Per comprendere meglio il significato delle relazioni temporali possiamo
visualizzare graficamente la collocazione di un avvenimento lungo l'asse
del tempo, rappresentato da una linea retta. Per far ciò occorre fare
riferimento a due nozioni fondamentali: :
• il momento dell'enunciazione (= ME), cioè il momento in cui si verifica
l'atto di parola;
• il momento dell'avvenimento (= MA), cioè il momento in cui ha avuto luogo
l'evento oggetto dell'atto di parola.
Per interpretare il passato remoto, il passato prossimo, l'imperfetto e il
futuro dell'indicativo è sufficiente questo elementare riferimento al
fluire del tempo fisico. Il trapassato prossimo, il trapassato remoto e il
futuro anteriore, viceversa, non sono ancorati direttamente al tempo
fisico, ma sono collegati ad esso indirettamente, attraverso un'indicazione
relativa di anteriorità o posteriorità rispetto ad un evento espresso da un
tempo semplice (dopo che ebbe appreso la notizia svenne) o da un'altra
determinazione temporale (alle 8 aveva già cenato). Per rappresentare
graficamente i tempi composti dobbiamo pertanto introdurre un terzo
parametro, denominato momento di riferimento (= MR). Esso può essere
costituito da un avverbio di tempo o da un'altra determinazione temporale
(alle cinque, l'anno scorso, quando sono uscito ecc.):
Tempi dell’indicativo:
L'indicativo è l'unico modo verbale che abbia specificati nei suoi vari
tempi
- semplici (presente, imperfetto, passato remoto, futuro) e composti
(passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro
anteriore) – i tre fondamentali punti di riferimento cronologici in cui un
fatto avviene: l'anteriorità, nelle sue molteplici articolazioni
(imperfetto, passato prossimo, passato remoto, trapassato prossimo,
trapassato remoto); la contemporaneità (presente); la posteriorità (futuro
semplice e futuro anteriore).
Il presente. Indica il fatto, l'azione, il modo di essere che si
svolgono o
sussistono nel momento stesso in cui si parla:
faccio una passeggiata.
Si usa spesso il presente per esprimere la consuetudine, l'iterazione, hi
regolarità con cui si veri/icario determinati fatti:
il rapido per Napoli parte alle diciassette; vedo Luigi tutti i giorni;
o per indicare un'attitudine del soggetto: Franco parla il tedesco;
Giulio ripara le antenne;
in questi casi il tempo presente indica che il soggetto possiede una
determinata capacità ed è in grado di esercitarla quando occorre, ma non
necessariamente che egli stia esercitando tale capacità al momento
dell'enunciazione.
Inoltre il presente, in quanto "non-passato" e "non-futuro", è in grado di
significare ciò che si avvera sempre, le verità atemporali:
la luna gira intorno alla terra; la rosa è un fiore;
il presente atemporale, particolarmente usato nelle definizioni
scientifiche, non è sostituibile con altri tempi o modi:
due più due faceva / sta facendo / farebbe quattro;
e non è compatibile con avverbi temporali del tipo prima, dopo, non sempre,
la Luna gira intorno alla Terra, ma non sempre.
Nei proverbi e negli aforismi il presente vuole indicare appunto la perenne
validità di quanto viene affermato:
chi dorme non piglia pesci; il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Il presente storico è un passato in forma di presente, è quasi un modo per
far rivivere il passato nel presente; serve a conferire maggiore efficacia
alla narrazione dei fatti, ad attualizzarli:
Leopardi nasce a Recanati nel 1798; Cesare da l'ordine di avanzare.
L'imperfetto Esprime la durata o la ripetizione nel passato:
la pioggia cadeva ininterrottamente da due giorni; venivano a trovarci
quasi tutte le settimane.
Dal punto di vista aspettuale l'imperfetto indica un'azione incompiuta nel
passato; per questo motivo, di norma, un verbo all'imperfetto non è
sufficiente a conferire alla frase senso compiuto. Se dico: ieri tornavo a
casa la frase rimane come sospesa e il mio interlocutore si aspetta
un'integrazione, per esempio: ieri tornavo a casa quando ho incontrato
Gianni.
Nelle narrazioni, l'imperfetto costituisce il tempo della descrizione per
eccellenza. Esso si presta infatti a rappresentare scene statiche, in cui
tutti gli elementi sono collocati sul medesimo piano temporale:
La stazione era deserta. Carla indossava un soprabito scuro. L'orologio
segnava le venti e trenta,
La stessa scena, resa con i verbi al passato remoto, da piuttosto l'idea di
un susseguirsi poco coerente di frasi:
La stazione fu desena. Carla indossò un soprabito scuro. L'orologio segnò
le venti e trenta.
Questa differenza è messa a frutto quando si esercita, a qualsiasi livello,
l'arte del raccontare: l'imperfetto descrive luoghi e personaggi o delinea
stati di cose, mentre i tempi perfettivi (il passato remoto o il presente
storico) sono necessari per dare il via alla storia, per riferire in modo
ordinato il susseguirsi degli avvenimenti. Lo si può facilmente verificare
analizzando l'inizio di una fiaba:
C'era una volta a Palermo un certo Don Giovanni Misiranti, che a
mezzogiorno si sognava il pranzo e alla sera la cena, e di notte se li
sognava tutti e due. Un giorno, con la fame che gli allungava le budella,
uscì fuori porta. (da Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo
Calvino, Milano, A. Mondadori).
Quanto detto non vale nei casi in cui l'imperfetto assume valori aspettuali
proprì del passato remoto, come avviene con il cosiddetto imperfetto
narrativo, caratteristico, oltre che della lingua letteraria, dei resoconti
giornalistici:
Nel ribollire della disamistade cadevano le elezioni regionali del 51; i
candidati democristiani disertavano la piazza, la frequentavano invece i
comunisti (L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetrd);
allo scoccare della mezzanotte l'assassino entrava di soppiatto in casa
delle vittime;
al ventisettesimo minuto della ripresa il centravanti raccoglieva un abile
invito del numero 10 e metteva in rete.
Talvolta l'imperfetto può assumere valori modali diversi da quelli propri
dell'indicativo. Si distingue in particolare:
1. un imperfetto ipotetico:
facevi meglio a stare zitto; potevano anche dircelo prima.
Quest'uso è comune soprattutto nel parlato; in una varietà più formale di
lingua troviamo invece il condizionale passato {facevi = avresti fatto;
potevano = avrebbero potuto);
2. un imperfetto irreale: si ha ogniqualvolta il tempo verbale serve a
sottolineare un distacco dalla realtà e la creazione di un universo
fittizio. È tipico delle narrazioni di sogni o della trama di un'opera
letteraria:
poi entravo in un'enorme sala a specchi: dopo alcuni secondi le pareti
iniziavano a muoversi verso di me...
e nel cosiddetto imperfetto Indico, comune nelle affabulazioni dei bambini:
Allora, facciamo che io ero il papa e tu la mamma;
3. un imperfetto attenuativo, a cui si ricorre in particolare con il verbo
volere e sinonimi, per conferire un tono di cortesia o di attenuazione del
valore iussivo di una richiesta; si immagini il seguente dialogo tra un
salumiere e una cliente, in cui chiaramente i due imperfetti non hanno
valore temporale:
- Cosa desiderava signora?
- Mah, volevo due etti di prosciutto.
Nel secondo caso l'imperfetto può essere adeguatamente sostituito dal
condizionale presente.
Il passate prossimo. Questo tempo composto, formato dal presente di un
ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, esprime un
fatto compiuto nel passato, ma che ha una qualche relazione col presente, o
perché l'evento descritto perdura nel presente:
due giorni fa ho preso una brutta influenza (e ancora ne soffro);o perché
perdurano gli effetti dell'evento descritto:
Marco è nato il 21 settembre del 1943;
ho imparato l'inglese durante un soggiorno di studio negli Stati Uniti;
per quanto riguarda il primo esempio è significativo il fatto che si usi il
passato prossimo per indicare la nascita di un personaggio ancora vivente,
ma sia d'obbligo il passato remoto per indicare il dato biografico di un
defunto:
Manzoni nacque nel 1785.
Anche senza l'accompagnamento di avverbi o di locuzioni avverbiali, il
passato prossimo può equivalere in qualche caso a un futuro anteriore,
presentando il fatto come compiuto nel futuro:
un ultimo sforzo e ho finito (= avrò finito).
II passato remoto. Indica un'azione conclusa nel passato, prescindendo dal
suo svolgimento e dai suoi eventuali rapporti col presente. Si noti la
differenza tra:
1. Mora via scrisse Gli indifferenti dal 1925 al 1928;
2. Moravia scriveva Gli indifferenti tra il 1925 e il 1928;
3. Moravia ha scritto Gli indifferenti.
Nella frase 1 il passato remoto scrisse mette in rilievo l'aprirsi e il
chiudersi dell'azione, il suo inizio e la sua fine. Nella frase 2
l'imperfetto scriveva sottolinea lo svolgimento dell'azione entro i limiti
temporali indicati. Nella frase 3 il passato prossimo ha scrìtto esprime
insieme la compiutezza dell'azione e la sua "attualità": Moravia è autore
di questo libro, questo libro esiste, possiamo leggerlo.
Nella lingua contemporanea il passato remoto viene spesso sostituito dal
passato prossimo: l'anno scorso sono andato a Venezia. Particolarmente nel
parlato, il prevalere del passato prossimo rispetto al passato remoto si
giustifica con l'esigenza di avvicinare i fatti al momento della
narrazione, con ragioni cioè di immediatezza espressiva. Si noti che questo
uso del passato prossimo al posto del passato remoto, ora sempre più
generalizzato, è tipico dell'Italia settentrionale; nel meridione si
ricorre invece al passato remoto anche riferendosi a fatti avvenuti in un
tempo vicinissimo al presente: arrivai un quarto d'ora fa.
Il trapassato prossimo e il trapassato remoto. Il trapassato prossimo(o
piuccheperfetto), formato dall'imperfetto di un ausiliare (essere o avere)
e dal participio passato del verbo, indica un fatto del passato, anteriore
a un altro fatto pure del passato:
mi ero appena addormentato, quando bussarono alla porta.
Il trapassato prossimo può assumere valori modali diversi da quelli propri
dell'indicativo:
1. trapassato prossimo ipotetico, usato colloquialmente nell'apodosi del
periodo ipotetico, in luogo del condizionale passato.
se non mi fossi ammalato a quest'ora avevo già terminato gli esami;
2. trapassato prossimo attenuativo:
Buongiorno, ero venuto per chiederle una cortesia.
Questi valori modali, che ricalcano in parte quelli dell'imperfetto, sono
dovuti con ogni probabilità all'influsso dell'ausiliare del trapassato
prossimo, coniugato all'imperfetto indicativo.
Il trapassato remoto, formato dal passato remoto di un ausiliare (essere o
avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto anteriore al
passato remoto. Il trapassato remoto ha un uso più limitato del trapassato
prossimo; infatti, mentre questo si può incontrare sia nelle proposizioni
principali sia nelle proposizioni subordinate, il trapassato remoto oggi si
trova solo nelle proposizioni temporali introdotte da quando, dopo che, non
appena, appena (che):
non appena se ne fu andato, vennero a cercarlo.
II futuro semplice e il futuro anteriore. Il futuro semplice indica un
fatto che deve ancora verificarsi o giungere a compimento:
arriverò domani; terminerò il lavoro entro una settimana.
Il futuro semplice può assumere valore di imperativo:
farete esattamente come vi ho detto; imparerai questa poesia a memoria.
Il futuro anteriore, formato dal futuro semplice di un ausiliare (essere o
avere) e dal participio passato del verbo, indica un evento futuro,
anteriore a un altro pure del futuro; è quindi una sorta di "passato nel
futuro":
quando lo avrai visto, te ne renderai conto.
Sia il futuro semplice sia il futuro anteriore possono indicare un dubbio,
una supposizione o una deduzione del parlante:
hanno bussato alla porta, sarà Marco;
a occhio e croce questa pizza peserà due etti;
quando è iniziato lo spettacolo saranno state le nove;
in questo caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince
dal fatto che i verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.
Tempi del congiuntivo:
I tempi del congiuntivo sono quattro: presente, imperfetto, passato,
trapassato.
II congiuntivo viene usato soprattutto nelle proposizioni dipendenti. In
quelle indipendenti - nelle quali il congiuntivo può esprimere volontà,
dubbio, concessione - i due tempi semplici (presente e imperfetto) si usano
con riferimento al presente:
dica
pure cio che vuole
dicesse
I due tempi composti (passato e trapassato) si usano invece con riferimento
al passato:
sia
che gia partito?
fosse
Per la scelta del tempo nelle proposizioni dipendenti, si veda il capitolo
della sintassi.
Tempi del condizionale:
II condizionale ha due tempi: uno semplice, il presente, e uno composto, il
passato. Col presente si indica l'eventualità nel presente, col passato
l'eventualità nel passato:
vorrei
rivederti
avrei voluto
Tempi dell’imperativo:
L'imperativo ha due tempi, il presente e il futuro:
esci subito di quii; farai quello che dico io!
L'imperativo manca della prima persona singolare.
Tutte le voci dell'imperativo sia presente sia futuro coincidono con quelle
del presente e del futuro di altri modi; solo i verbi appartenenti alla
prima coniugazione hanno la seconda persona singolare dell'imperativo
presente che non può essere confusa con la seconda persona di nessun altro
tempo: studia, mangia, parla.
Nella forma negativa, la seconda persona singolare dell'imperativo presente
si esprime con l'infinito presente preceduto dalla negazione non:
non cantare, non correre, non partire.
Tempi dell’infinito:
I tempi dell'infinito sono due: uno semplice, il presente (andare, vedere,
finire): e uno composto, il passato (essere andato, aver visto, aver
finito).
L'infinito si usa soprattutto in frasi subordinate: il presente indica un
rapporto di contemporaneità o di posteriorità rispetto al tempo del verbo
della reggente; il passato indica un rapporto di anteriorità:
dice
di conoscerlo, di volerlo conoscere
diceva.
dice
di averlo conosciuto.
diceva
Preceduto dalla negazione non, l'infinito presente può acquistare il valore
di imperativo:
non farlo!; non dire sciocchezzel; non ridere.
Ha lo stesso valore, anche senza la negazione, in avvisi, cartelli,
insegne:
tenere la destra; moderare la velocità; gettare i rifiuti nel cestino.
Spesso l'infinito presente svolge la funzione di sostantivo:
tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare
e si pensi a infiniti come dovere, piacere, avere, trasformatisi in
sostantivi forniti anche di plurale: il dovere/i doveri; il piacere/i
piaceri; l'avere/gli averi.
Tempi del participio:
II participio ha due tempi: il presente e il passato.
Come gli aggettivi in -e, il participio presente ha una forma per il
maschile e il femminile singolare {amante, vincente, partente) e una per il
maschile e il femminile plurale (amanti, vincenti, partenti). È usato
sempre più raramente nel suo valore verbale; participi quali ardente,
splendente, avvincente, arrogante, sorrìdente o quali studente, cantante,
insegnante, emigrante, dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi
e sostantivi.
Il participio passato si comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata,
lodati, lodate. Si usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme
composte della coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.
Ha spesso funzione di aggettivo o di sostantivo:
uno stimato professionista, il candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno
sconosciuto.
Ilparticipio passato ha valore attivo con i verbi intransitivi:
partiti di mattina, arrivarono a notte fonda (paniti = essendo partiti,
sebbene fossero partiti);
ha invece valore passivo con i verbi transitivi:
non mi piace la minestra riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).
Tempi del gerundio:
II gerundio ha due tempi: il presente (cantando, leggendo, udendo) e il
passato (avendo cantato, avendo letto, avendo udito).
Il gerundio presente trova impiego in proposizioni subordinate, dette
appunto gerundive:
discutevamo camminando,
dove camminando è una gerundiva con valore temporale (= mentre
camminavamo).
Contribuisce a formare le perifrasi verbali andare + gerundio e stare +
gerundio, che esprimono un'azione progressiva e durativa, considerata cioè
nel suo progredire e nella sua durata:
il tempo va migliorando, sto studiando.
Molti gerundi presenti hanno subito un processo di nominalizzazione:
laureando, reverendo e, nel linguaggio musicale, crescendo, diminuendo.
Il gerundio passato non è molto usato; in genere viene sostituito con frasi
esplicite: si dice è stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo
studiato è stato promosso.
II. L’uso del modo CONDIZIONALE
Il condizionale présenta l'azione o il modo di essere come eventuali-
ipotetici; e cioè come realizzabili, nel présente o nel passato, ma
subordinatamente a determinati condizioni o condizionamenti che possono
essere espressi o sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo
piu indipendenti dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il
soggetto grammaticale) e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti
o supponibili oppure suggeriti da opportunità di adattamento
comportamentale a specifici aspetti situazionali. Sul genere di
potenzialità di tali presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o
scrive valuta il grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne
dovrebbero conseguire (sintatticamente: apodosi),e, nell'esprimerli,
mediante il condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o
psicologico del consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della
cauta esitazione.
Per esemplificare: apodosi: Vorrei parlarle (protasi: se ha un po' di
tempo). - Ci verrei anchio (se non ti disturbo). - Fumerei volentieri
qualche sigaretta ogni tanto (ma qui è proibito). - Carlo si starebbe per
laureare (se è vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto)
non gli avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due
ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri // domani
(ma non ho trovato posto in aereo).
Sia al présente che al passato, il condizionale può esprimere
l'atteggiamento di prudente presa di distanza (condizionale di
distanziamento) di chi narra fatti e fa anche intendere di non avere
diretta o comunque piena conoscenza; o magari di non volere essere in
nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità di chi, anche per
professione, come il giornalista, è costretto a interessarsi di vicende di
particolare delicatezza e responsabilità:
- Carlo Rossi sarebbe stato messo in prigione. (come a dire: se è vera
la notizia che ho sentito, Carlo Rossi...)
- Seconde l'accusa (...) la maggior parte delle apparecchiature
sarebbero state residuati di guerra (...). (in 'La nazione', 5-9-1976).
- Ayrton Senna sembrerebbe escluso dal prossimo campionato (...). II
condizionale è d'obbligo perché in realta la attuale azione potrebbe ancora
mutare (...). (C. Marincovich, in la 'Repubblica' [sport], 11-2-1992) (qui
l'autore stesso, giustifica l'uso del condizionale come segnale di
opportune atteggiamento prudenziale).
L'idea di intenzionalità, di disponibilità legata al condizionale
consente che il tempo passato serva a esprimere il rapporte di posteriorità
dei fatti narrati rispetto a un punto di riferimento collocato nel passato
(futuro del [nel] passato):
- (Carlo dice che finirà entro un'ora [= che ha intenzione di
finire...]) -«Carlo disse che avrebbe finito entro un'ora. (= che aveva
intenzione di finire...)
- Certe volte (...) ho pensato che Sciarmano sia stato il primo a
sapere che io sarei nata (...). (M. Di Lascia, Passaggio in ombra').
- (...), mi dicevo che presto Io avrei riavuto tutto per me (...). (M.
Di Lascia, cit.).
In questi casi, specie (ma non solo) nei registri linguistici meno
sorvegliati, si puo usare, in alternativa, L’indicativo imperfetto :
- Carlo disse che finiva (= avrebbe finito) entro un'ora.
Nel seguente esempio, per il futuro nel passato, si noti l'uso del
condizionale passato e dell'imperfetto nei due segmenti di una frase
temporale scissa per enfasi:
- (...) a quel punto gli chiedeva quando sarebbe stato che la mamma la
mandava a conoscere la nipote. (M. Di Lascia, cit.)
Per la stessa idea di intenzionalità, il condizionale passato puo
anche esprimere fatti desiderati o progettati per il reale
futuro ma dei quali già nel présente si conosce la irrealizzabilità essendo
nota lacondizione impediente. Ne risulta dunque un periodo ipotetico délla
irrealtà che ha l'apodosi collocata nel passato:
- So che domani vai a Roma. Ci sarei venuto anch'io, ma ho da fare
(oppure: se non avessi da fare).
- Una volta nella nostra cappella tenevano messe anche per il
pubblico. Quest'anno no. Saresti venuto, vero? (G. Arpino, 'La suora
giovane').
Anche in questi casi è possibile l'uso alternativo dell'indicativo
imperfetto :
- A Roma domani ci venivo anch'io se non avessi da fare(Moravia).
E' forse utile tornare a riflettere un po' su quel génère particolare di
condizionamenti come "suggeriti da opportunità o nécessita di adattamento
comportamentale a specifici aspetti situazionali", che, pur non
esplicitati, ciascuno di noi intuisce, avere, cogliere, e in base ai quali
(riluttante o no) regola il proprio modo di comportarsi. Tali aspetti
variano col variare a) delle situazioni (più formali, meno formali, non
formali), b) della funzione comunicativa (narrativa, espressiva, conativa,
imperativa ...) o c) (forse più spesso) degli interlocutori (e in base al
loro ruolo sociale, all'età, al sesso, al loro contingente stato urnorale,
allé loro azioni e reazioni). Sono tipi vari di condizionamenti che,
dettati in génère dal desiderio o comunque dalla nécessita di stabilire
armonia di rapporti, non solo comunicativi, determinano le nostre scelte (o
stratégie) di comportamento, e dunque anche linguistiche.
E' cosi che si può spiegare, ad esempio, una frase come la seguente
formulata da chi desiderasse far conoscere la propria casa a qualcuno:
"Questa sarebbe la mia casa". Come 'sarebbe'? E' o non è? E', naturalmente,
ma rapporte di cortesia suggerisce che la brusca referenzialità
dell'indicativo si attenui nel senso di conciliante garbatezza del
condizionale. Mediante il quale il parlante sembra quasi subordinare la
vérità di quanto afferma al punto di vista, all'approvazione o
disapprovazione del suo interlocutore: che rappresenta un condizionamento
non trascurabile.
Situazioni comunicative analoghe, soprattutto parlate, ricorrono con
assoluta quotidianità. E il condizionale vi appare lo strumento
pragmatico , tipico di un rapporte che predilige i modi délla conciliante
offerta o richiesta di disponibilità, della garbata proposta, délla
discreta esitazione, délla valutazione rispettosa e misurata, délla
distaccata ironia, della domanda aperta e possibilista.
Le espressioni qui di seguito proposte come esempio potrebbero avère
la condizione o il condizionamento espressi o sottintesi (come suggeriti
dalla situazione in se). Noi abbiamo preferito questa seconda soluzione,
ritenendola la più ricorrente nella realtà comunicativa. In parentesi
accenneremo comunque a qualche esempio, e non sempre con l'esplicitante
'se'. Non di rado verra fatto di notare che i significati potrebbero
variare col variare del tipo di situazione:
• semplice potenzialità nel présente o nel passato: In casi come
questo, qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato) di tradimento.
• aperta offerta di disponibilità: Pagherei chissà che per un bicchier
d'acqua. (Ma ho paura che sarà difficile averlo) Qui il passato suonerebbe
come un rammarico: Avrei pagato chissà che (...).
• richiesta gentile (con verbo di 'volontà'): Vorrei un caffe. -
Preferirei rimanere sola. (Se non vi dispiace)
In casi come questo, soprattutto con i verbi 'volere' e 'desiderare',
il richiedente potrebbe anche usare l'imperfetto attenuativo' . E cio, in
particolare, come risposta a una richiesta fatta con l'imperfetto della
medesima modalità da parte dell'interlocutore; il quale, per altro, non
potrebbe usare il condizionale, che (si veda più sotto) suonerebbe come
provocazione: "Che desidera (voleva, desiderava)" "Volevo (vorrei,
desideravo), un caffe."
Qui il passato suonerebbe come rinuncia o rimprovero: Avrei voluto un
caffe
(esempio: ma ho fatto bene a non.../ ma tu...)
• richiesta resa più conciliante e gentile dalla forma interrogativa:
Mi daresti (potrei avère) un bicchier d'acqua?
Qui il passato suonerebbe come richiesta di informazione.
• gentile invito, e rifiuto gentilmente esitante: "Ci verresti (vieni)
al cinéma con noi?" "Ma io, veramente, avrei da studiare."
Qui il passato suonerebbe come gentile richiesta di informazione con
relativa gentile risposta.
• manifestazione di un desiderio (che potrebbe anche nascondere una
richiesta): Verrai (tanto) volentieri a Roma con te. (Se non temessi di
disturbarti) -Adesso si che mi fumerei una bella sigaretta! (Non hai mica
da offrirmela?)
• domanda per conforma: Sarebbe quello tuo genero? - Questo sarebbe il
libro di cui mi parlavi? (Se non mi sbaglio questo potrebbe essere...)
Talvolta anche con qualche moto di meraviglia o incrédulità o
ammirazione o invidia: Sarebbe questa la tua Lucia? - Quel piccolino li
parlerebbe già cinque lingue?
• presentazione di qualcuno o qualcosa in tono discreto e sommesso
(usando 'essere'): Questa sarebbe la mia biblioteca. (Anche se piuttosto
modesta)
• sommesso intervento del parlante (per consiglio, proposta o altro
gentilmente sollecitato dall'interlocutore), anche introdotto da un verbo
corrispondente: Oddio, io qualcosa in testa ce l'avrei pure. (N. Boni, in
'La stampa', 8-8-1988) - "Tu che dici (pensi, consigli, suggerisci //
diresti, penseresti, consiglieresti, suggeriresti) di fare stasera?" "Io
direi (penserei, consiglierei, suggerirei) di fare una partitina a poker".
(Se posso, io direi...).
Qui il passato suonerebbe come ripensamento su qualcosa che forse
avrebbe potuto o dovuto essere fatto.
• opinione in tono attenuate (di chi, spesso anche il verbo 'dovere',
mostra molta fiducia sulla probabilità di realizzazione):
Una soluzione salomonica che dovrebbe mettere a tacere tutte le
polemiche (...). (in 'il Giornale', 27-10-1995)
• opinione garbatamente a contrario: "Gli scalatori di alta montagna
sono degli sconsiderati perché mettono a repentaglio la loro vita. Lei,
dottore, che ne pensa?" "Ma io, veramente, non sarei cosi severo in
proposito."
• presa di distanza ironicamente tagliente in forma di domanda: Un
ipotetico professore a un ipotetico interrogato: "E tu avresti studiato?"
(come a dire: "Checché tu insista a dire, non hai studiato proprio.") - "E
quello sarebbe un bravo medico?" (si potrebbe dire di un medico che
immeritatamente gode di buona fama)
• domanda in tono di incredulità o di risentimento per impedire o
disapprovare fatti o progetti dell'interlocutore o di altri; o anche per
Ñòðàíèöû: 1, 2, 3, 4
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